... Lo scultore Domenico Paduano porta nel sangue i segni di una civiltà mediterranea.
EMILIO GRECO
... Lo scultore Domenico Paduano porta nel sangue i segni di una civiltà mediterranea.
EMILIO GRECO
...pur nella modernità del linguaggio, si ritrovano in lui accenti di sincerità e di umanità commoventi. Il suo mondo poetico è ben definito, sia dal punto di vista espressivo che spirituale. Lo si potrebbe definire uno scultore espressionista di natura mediterranea: ma vi è in lui, per contrappeso, il gusto di una classicità che gli deriva dagli statuari di Ercolano e di Pompei. Paduano, a mio avviso, è da considerarsi uno degli scultori più dotati.
PIERO GIRACE
...nel suo "Pastore campano" sono evidenti le capacità a "fare grande" l'immagine e larga, potente e umana una primitiva energia.
MARIO DE MICHELI
...la scultura di Paduano ti fa sentire l'odore, l'aroma e la presenza di una intramontabile liricità nostrana, più propriamente campana.
MARIO MAIORINO
Paduano è tentato da antichi sortilegi e remote tentazioni; che provengono dalla sua terra. Ma egli ha un sentimento esatto dalla forma e della sua articolazione nel serrato ritmo chiaroscurale; sa piegare il volume ad una increspatura espressiva, sa attorcere un viluppo plastico scaricandone poi l'energia emotiva, sa immaginare una frase inconsueta, una figura fuor dagli schemi obbligati; sa cavare una nuova melodia fin dai temi consacrati da un archetipo, suggeriti da un calco di scavo.
CARLO BARBIERI
... sotto il suo pollice i piani si fondano ma serbano a bella posta le asperità di una massa ignea, grumosa, per aumentare con il gioco della luce l'effetto delle reazioni di quelle forme nello ambiente di cui esse sono partecipi.
ALFREDO SCHETTINI
Uno dei tanti aspetti della scultura di Domenico Paduano, e forse quello più significativo e più valido, è appunto quello che ce lo fa definire uno scultore "classico". Ma la sua "classicità", ovviamente, non può essere quella di un Gemito o di un Medardo Rosso, ad esempio; né quella, poniamo, di un Messina o di un Greco, tanto per citare dei maestri moderni d'opposta intenzione. La "classicità" del Paduano è quella stessa che si trova nella poesia del suo antico conterraneo, Lucrezio: dura, oggettiva, profonda, naturale, senza fronzoli letterali o compiacimenti stilistici; che guarda alle cose con quel tanto di serenità che basti per essere artisticamente efficace, ma che ha l'anima sconvolta da un fremito di pazzia, di ribellione alla normalità, alla staticità, e rivolta pertanto alla lotta, al dramma degli elementi della natura e degli esseri viventi, al rigurgito interiore, degli istinti naturali, alla sofferenza degli uomini e degli animali. Non è perciò una scultura di facile intendimento questa del Paduano, come è difficile capire la vera natura della poesia di Lucrezio. Perchè in essa non v'è contemplazione, v'è partecipazione; non v'è incanto, v'è ricerca di violenza d'affetto, v'è il contrasto, v'è quasi l'oscurità dell'intenzione poetica. La sua tecnica rude, arida non potrebbe offrirci una rappresentazione pacata e affascinante; la sua invenzione torbida gravita intorno a motivi esasperanti, eccita visioni paurose e crea figure sgraziate nell'atto della sofferenza o del piacere supremo. La materia stessa che adopera è rugosa, grezza, senza essere metafisica né ricercatamente bizzarra (perciò niente fili di ferro mirabolanti, croste d terra vuote di qualsiasi significato poetico, grosse pale,tronchentoi d'albero smussati nei quali anime cieche sogliono intravedere un intendimento o una realizzazione d'arte); è la creta, è la terra vesuviana, è il cemento misto al pietrisco, accarezzato da una calda fiamma che crea le sfumature, i toni chiari e scuri, le ombre e i volumi; è il tufo, al quale bastano pochi colpi di scalpello per restituirci un volto di donna, che pare antico, ritrovato in chissà quale loculo scavi pompeiani, ma che invece è moderno per quel segno tutto particolare d'intendere un moto dell'animo e che è il segno anche della maturità e dell'elevato stile del Paduano. Qui la poesia ritrova la sua cieca forza, assume un carattere potente e deciso, si traduce in immedesimazione e mai in rappresentazione, è dramma essa stessa e nello stesso tempo espressione del dramma, è mistero che va indagato e prima avvertito nelle segrete regioni dello spirito. Ma è soprattutto, questa poesia, sentimento altissimo della sorte umana, così fragilmente sospesa a eventi insospettati, reso con un linguaggio preciso, essenziale e soprattutto aderente all'immaggine espressa. Se è vero che lo stile è l'uomo, bisogna dire che il Paduano ha saputo trasferire nella sua scultura tutto il suo temperamento nervoso e dinamico di meridionale e ancora la storia delle sofferenze patite nella prigionia tedesca, che gli hanno dato un tono morale, una saldezza d'animo e un amore sincero per tutto ciò che è umile, semplice, raccolto. Il suo mondo poetico infatti non è assai ricco d'elementi: sono volti di donna, ritratti e soprattutto animali (cani e gatti in ispecie) colti nel momento culminante di un loro atteggiamento e che perciò esprimono intensamente, con vigore plastico ed emotivo, tutta la loro natura; in compenso, però, questi pochi "personaggi" non si chiudono mai in loro stessi, non si fanno mai solitari, bensì hanno la capacità di trasmettere agli altri il loro impeto, di allargarsi con forte slancio a una misura generale, di stabilire un ordine eterno. Ed è questo, a parer nostro, il motivo più validoespresso dalla scultura di Paduano.
Domenico Paduano è nato a Pompei nel 1916; ha frequentato la Scuola d'Arte di Torre del Greco. Nel dopoguerra si è trasferito a Roma, ove è stato allievo dello scultore Marino Mazzacurati ed ha anche frequentato lo studio di Emilio Greco. Il primo periodo della sua formazione risente dell'influsso del maestro ed è caratterizzato da una numerosa produzione di ritratti nei quali già comincia a farsi luce quel particolare modo di sentire e di esprimersi con un linguaggio forte ed espressivo, che sarà uno dei tratti peculiari della sua scultura. Alcune opere del 1947, come "mio padre", "l'usuraio", "voluttà", oltre ad indicarci qual è il mondo poetico che interessa questo artista, ci confermano della sua validità stilistica e dell'impegno concreto con cui esegue i suoi ritratti. Alcune altre del 1949, pur risentendo, qua e là, ancora di influssi di maestri come Tizzano, Marini, preludono, specie col meritatamente famoso "ritratto del pittore D'Angelo", alla stagione più artisticamente fervida del Paduano,che dura un decennio e che comprende alcune sculture tra le più importanti e notevoli del nostro. Il "pastore campano", che è di qualche anno più tardi, si rifà stilisticamente al "ritratto di D'Angelo", ma qui il tema pare più approfondito, più sicuro l'istinto plastico, v'è maggior gusto espressivo; il ritmo compositivo degli elementi descritti è certo nuovo ed è già un risultato che sarà presto sfruttato dall'artista in "le tre Marie" (1951), d'intonazione alquanto diversa ma dalla forma ampia e musicalmente spiegata.
Risale al 1953 un forte e voluminoso "montone" il quale esprime un profondo fermento di vita che la chiarezza dello stile mantiene e contiene dentro limiti espressivamente formali, senza perdersi in vuote raffinatezze barocche. L'ampia scena della "spina" riprende un motivo caro al Paduano, quello dell'esagitazione, dello spasimo fisico che nasce dal conficcarsi di una spina nel piede; il tormento è realizzato squisitamente nel modellato e quasi viene ad impossessarsi anche di noi, con quel contorcersi di braccia e di gambe, quell'aprirsi disperato all'invocazione di aiuto. Con "donne al sole" è ripreso un tema popolare di casa nostra, che ha qualche compiacenza stilistica nel segno preciso che chiuse i volumi, che spezza il blocco informe e cerca in esso una idea unica e che è insieme forza e movimento. Nel "gatto in fuga", come nell'"animale ferito", nel "capretto" il Paduano sa darci con impressionante dinamismo e con forza di sviluppi plastici aspetti della vita ferina; mentre in "donna col gatto" sa trovare, pur nella crudezza della materia, una gentilezza d'intento, una grazia d'esposi= zione e una purezza di stile che ci ricordano il Graco. Nelle ultime opere il Paduano perviene ad una maturità di conce= zione e personalità di linguaggio, a una capacità di concentrare la sua idea poetica nel breve spazio di un ritmo chiuso (vedi il "cane mentre si gratta") e pur ricco di segreto dinamismo, che talora si fa raffinato (come in "gatti in amore"), talora ripropone uno schema geometrizzante, (come nella "donna con le sedie").
Non fine a se stessi, ma abbozzi , divagazioni, lusso della mente, sono da considerare gli innumerevoli disegni a carboncino, a inchiostro, a tempera, nei quali il segno largo e deciso, mai analitico ma sempre sintetico e globale, impone una struttura forte che è già modellato, ha una sua vita, una sua carica drammatica, e non è mai mera rappresentazione.
Michele Pizzella